Vista e Visione il contributo dell’ottico optometrista nella prevenzione primaria. Società dell’immagine e nuovi stili di vita, l’importanza della progettazione
Buongiorno, sono Renzo Zannardi ottico optometrista, mi occupo di vista e di visione. La luce è la mia materia prima di lavoro. Come sapete bene al buio siamo tutti ciechi. Sono qui per provare a contagiarvi e farmi contagiare. L’occhio è un organo di piccole dimensioni (circa 22 millimetri) ma capace di sviluppare una grandissima potenza. Esso, infatti, viaggia alla velocità della luce (circa 300mila km il secondo) “al punto che può vedere nitidamente una stella all’infinito e in pochi decimi di secondo la cruna di un ago a 30 cm”.
La vista è una capacità oggettiva che risponde alle leggi dell’ottica fisica. La vista è indispensabile per mettere in comunicazione il mondo esterno con quello interno. Cos’è la visione? La visione è la risposta comportamentale derivante dal processamento cognitivo di esperienze e abilità soggettive. Proprio per questo motivo è unica e personale, irripetibile come il DNA, l’impronta digitale e la trama iridea. V’invito a riflettere sulla soggettività della visione, vi propongo una metafora che spero possa farvi capire con semplicità cosa sia veramente la visione: se una bambina che vive in viale Forlanini a Milano vedesse un aereo rosa volare a bassa quota, chiamerebbe felice sua madre: “Mamma, mamma corri, è in arrivo l’aereo di Barbie!”. Se una bambina che vive nella foresta amazzonica vedesse volare lo stesso aereo (sicuramente fuori rotta), chiamerebbe terrorizzata sua madre: “Mamma, mamma scappa, sta arrivando un grosso uccello che fa uno strano rumore”.
Un piccolo esperimento
Voglio fare con voi un piccolo esperimento: in questa foto vedete una serie di macchie dove ognuno di voi può individuare qualcosa. Cosa vedete? Ecco una seconda immagine con soli due piccoli elementi aggiuntivi. Ora noi tutti individuiamo cosa nascondono quelle macchie. Questa è la dimostrazione della soggettività esperienziale visiva.
L’occhio è anche un organo imbrigliato da una serie di muscoli estrinseci. Essi servono a direzionarlo in modo estremamente preciso nello spazio verso gli obiettivi che intende guardare. Esiste un occhio dominante (il puntatore-centratore) e un occhio dominato che deve convogliare il suo angolo di osservazione sul punto indicato dal dominante. Nel punto dove i due occhi si incontrano, a secondo della loro distanza, avverrà anche la focalizzazione tramite il sistema di autofocus (accomodazione). Una operazione che compete al cristallino (e deve coincidere perfettamente con il punto centrato). Inoltre gli occhi hanno un sistema di movimenti di micrometrici di centratura che si chiamano saccadi (salti), indispensabili per una buona lettura. Naturalmente il tutto è ulteriormente complicato dal fatto che gli occhi sono due. Ogni occhio vede la stessa immagine centrale e paracentrale (ma con prospettive leggermente diverse), mentre cambiano i campi periferici.
La somma dei due campi visivi, che hanno una piccola disparità retinica, dà origine all’abilità visiva più nobile: la tridimensionalità dello spazio. Si tratta della famosa stereopsi che ci consente di vedere i rilievi, percepire le distanze, insomma, vedere il mondo tridimensionale. Come abbiamo visto l’occhio è in grado di percepire lo spettro luminoso (luce bianca). Se viene scissa si distribuirà secondo le varie frequenze, dando vita all’arcobaleno. Le frequenze estreme percepibili dall’uomo sono in quella più alta il rosso 750 (dopo c’è l’infrarosso) e in quella più bassa il violetto 400 (dopo c’è l’ultravioletto).
Credo che il colore sia un elemento molto interessante per la vostra professione, non dovete mai scordare che anche i colori sono importanti per creare confort o disconfort visivo. Infatti, un occhio leggermente miope vedrà meglio le tonalità vicine al rosso, mentre un occhio leggermente ipermetrope percepirà meglio quelle vicino al verde. Una delle frequenze più riposanti è quella del verde, che si trova quasi al centro dello spettro luminoso. I bambini, come capitò al maestro Pablo Picasso, hanno nel loro sviluppo percettivo dei periodi dove amano particolarmente alcuni colori rispetto ad altri (descritto magistralmente da Piaget). Questo è molto importante nella progettazione dei giochi per l’infanzia.
L’uomo nel suo percorso evolutivo terrestre, da cacciatore raccoglitore a digitale post tecnologico, ha modificato completamente i suoi stili di vita fino a essere in netto contrasto con le funzioni originali del proprio corpo (la miopia non è altro che un tentativo di risposta funzionale a un eccessivo uso della vista da vicino). L’uomo è diventato sempre più statico, utilizza sempre di più la visione centrale e ravvicinata (innaturale). Egli ha quasi completamente abbandonato la visione da lontano e periferica (naturale e poco dispendiosa). Ha modificato completamente la sua alimentazione (sempre più chimica). È diventato irrispettoso dei tempi necessari per garantire una buona termoregolazione (riscaldamento d’inverno e condizionatori d’estate). È entrato in rottura con il ciclo circadiano anche con spostamenti intercontinentali. Inoltre vengono utilizzati per molte ore strumenti tecnologici da vicino auto illuminanti che emettono frequenze – blu-viola- che possono interferire negativamente sul ciclo della melatonina, conseguentemente del sonno.
Bisogna valutare con attenzione l’uso smisurato dell’illuminazione a led. Oggi circa 83% delle informazioni che arrivano al cervello passano dagli occhi. Anche per questo motivo la nostra società viene comunemente definita “società dell’immagine”. Secondo quello che ho sostenuto precedentemente sulla visione (cognitivo-comportamentale), se la visione è così importante socialmente (per l’apprendimento scolastico, la sicurezza nella guida e sul lavoro), appare indispensabile migliorare la sua conoscenza in tutti gli ambiti formativi per potersi poi indirizzare verso la prevenzione visiva primaria.
La prima forma di prevenzione andrebbe fatta proprio a partire dalla luce e dal suo assorbimento visivo. Molto importante è la progettazione degli spazi dove la gente vive, studia e lavora.
L’esperimento di Ispra
Nel 1982 L’AdO lanciò un importante progetto interdisciplinare per la prevenzione primaria. Un modello ergonomico di aula sperimentale per le scuole elementari. Fu realizzato nella scuola pubblica di Ispra. Nel corso dell’esposizione approfondiremo l’argomento. Credo che per coloro che progettano, spazi e oggetti, sia sempre più necessario possedere rudimenti sulla visione, conoscere tutte le informazioni che permettano poi di partecipare attivamente al miglioramento del benessere sociale, in particolare il benessere visivo che, in questo momento sociologico, è messo maggiormente sotto pressione dai nuovi stili di vita.
Nella sperimentazione fatta a Ispra è emerso chiaramente che sono importantissimi una giusta illuminazione e applicare le conoscenze derivanti dalle leggi della fisica che condizionano i nostri comportamenti. In particolare, dobbiamo progettare oggetti e arredi in grado di ridurre l’impatto che esercita la forza gravitazionale. Essa può infatti modificare completamente la postura delle persone (in particolare dei bambini) anche nelle attività statiche.
Un tavolo con un piano che possa inclinarsi di 20° è determinante per evitare che un bambino nella lettura, scrittura e produzione grafica si avvicini troppo alla base di lavoro (trascinato anche dal peso del capo), per trovare un piano ortogonale. Indispensabile è una sedia regolabile che metta in relazione l’altezza del soggetto con quella del tavolo, magari anche una vecchia pedana a cuneo che consenta di scaricare gli appoggi podalici. Questo può contribuire a migliorare l’ergonomia scaricando la forza di gravità e parte di energia elettrostatica.
Se si lavorerà su di un tavolo piatto, e un rapporto sedia tavolo sbagliato, nasceranno atteggiamenti posturali sbagliati che creeranno problematiche sia di tipo scheletrico, sia di tipo visivo. Ciò è dovuto all’aumento della deviazione del rachide e dell’uso della convergenza e dell’accomodazione, che sono il perfetto innesco per un processo miopico. In alcuni casi diventano indispensabili anche sistemi pratici e flessibili come dei banali leggii trasportabili (che però dovrebbero essere rispettosi del contrasto periferico e avere un angolo d’inclinazione ergonomico regolabile di circa 20°).
Bisogna curare i microclimi ambientali e studiare sistemi che non creino ambienti troppo secchi e conseguentemente movimentazioni di polveri e allergizzanti (soprattutto per i portatori di LAC). Abbiamo affermato che la luce è la materia prima della vista, la qualità della luce sarà conseguentemente determinante nella prevenzione e nel mantenimento di una buona vista. Un ambiente con un’illuminazione omogenea senza zone d’ombra (soprattutto a livello direzionale tra destrimani e mancini) sarà l’ideale per non modificare completamente le loro posture ed evitare lo sbilanciamento dei carichi muscolari, creando forti tensioni e squilibri tra i vari distretti.
Nelle finestre, che dovrebbero essere di norma a sinistra, andrebbero utilizzati dei vetri antiriflesso (o pellicole anti-abbagliamento) e sarebbe opportuno utilizzare sistemi capaci di catturare il massimo di luce naturale e convogliarla negli ambienti abitativi o lavorativi. Bisognerebbe utilizzare dei sistemi d’illuminazione che garantiscano uno standard di lux in qualsiasi condizione d’illuminazione esterna, con accensioni e spegnimenti automatici e senza creare zone d’ombra. Si dovrebbe anche posizionare luci che non siano abbaglianti, per evitare che possano far scatenare attacchi di aurea oftalmica, ma anche semplicemente un risparmio di retinolo (vitamina A).
Molto importanti, per ridurre il contrasto e la distrazione periferica, sono: la tinteggiatura delle pareti, dei pavimenti, i colori degli ausili didattici utilizzati, la carta dei quaderni. Non si devono mai usare LIM, Tv, Pc, Tablet, cellulari a luci ambientali spente (è come avere una torcia puntata negli occhi). Oggi, tra lavoro al PC, social, Tv, cellulari, videogiochi ecc., una persona attiva passa anche 12 ore al giorno davanti a queste sorgenti luminose a distanze sempre più ravvicinate.
Dobbiamo essere in grado di fornire tutte le giuste indicazioni ambientali per mitigare l’impatto. Molti di questi principi sono stati applicati e sperimentati nel 1982 con un progetto di prevenzione primaria dell’AdO, realizzato con l’aula sperimentale di Ispra (Va). Si trattava di un’aula studiata per alunni della scuola elementare da un gruppo di ottici optometristi dell’AdO in collaborazione con gli architetti Luigi Manzoni e Vittorio Introini, l’illuminotecnico Stelio Raitieri e il chinesiologo Silvio Maino. L’aula sperimentale fu monitorata in comparazione con altre aule campione del plesso scolastico di Ispra (per un quinquennio).
Il progetto dimostrò che con la prevenzione ambientale primaria era possibile ridurre di circa 25% l’insorgere di problematiche visive. Importantissimi, oltre al design di sedie regolabili, banchi con piani inclinati e la progettazione degli ausili che vengono utilizzati dai bambini per la prima produzione grafica e poi la scrittura: matite, pennarelli, pastelli a cera. La forma di questi ausili li condizionerà per tutta la loro vita. Infatti, l’impugnatura è un messaggio posturale che si fissa e cambierà i comportamenti posturali dei suoi piccoli utilizzatori, sia dal lato scheletrico, sia dal lato visivo.
Se qualcuno di voi in futuro decidesse di occuparsi di disegnare oggetti, ausili o accessori (magari anche montature per occhiali -l’Italia è il paese leader nel mondo-), ricordatevi che è indispensabile, oltre alla bellezza estetica e alla qualità dei materiali impiegati, conoscere tecnicamente a cosa serve quello che poi diventerà (con l’inserimento delle lenti) un prodotto medicale su misura. Da anni mi occupo di visione e postura, proprio per questo motivo v’invito, nella progettazione anche di arredi e mobili per interni, come sedie, divani, letti, a collaborare sempre con altri professionisti che si occupano di postura, come gli osteopati, ortopedici, illuminotecnici, chinesiologi, optometristi. Un approccio multidisciplinare per inserire nel vostro progetto anche elementi derivanti da competenze tecniche esterne che possano supportarvi a migliorare la funzionalità del prodotto.
Nel 1995, una nota azienda italia¬na di montature per occhiali decise di collocare in borsa i propri titoli. La campagna di comunicazione, per convincere i cittadini a comprare le pro¬prie azioni, utilizzava uno slogan simile: “Potete fidarvi di noi perché facciamo occhiali da oltre 75 anni”. Di¬ceva proprio facciamo occhiali! In realtà loro, da 75 anni, facevano solo monta¬ture per occhiali. Voglio partire proprio da questa comunicazione sbagliata per parlarvi di contenitore e contenuto, cornice e quadro, montatura e occhiale. La mia metafora viaggia su quest’assioma: l’occhiale è come un quadro. Se parliamo di quadri conviene partire dall’opera più famosa al mondo: “La Gioconda”. Essa rappresenta la signora Lisa Gherardini (“Monna Lisa”), moglie del fiorentino Francesco del Giocondo (“La Gioconda”).
Leonardo da Vinci la dipinse all’inizio del 1500. Questo quadro è esposto in una sala dedicata presso il Museo del Louvre di Parigi. Se un visitatore si reca a vedere l’opera, potrà subito notare che si trova esposta in solitaria e protetta da un cristallo antiproiettile. L’opera fu dipinta a olio su di una semplice tavola di pioppo ed è contenuta da una cornice dorata, graziosa e massiccia. Insomma, una bella cornice che spesso però sfugge all’attenzione dei visitatori (concentrati sull’opera di Leonardo). Nessuno si recherebbe mai a Parigi per vedere la cornice de “La Gioconda” se non contenesse il dipinto che rappresenta l’ambigua signora fiorentina.
Veniamo all’occhiale. Nell’occhiale la montatura cos’è se non una cornice che sostiene le lenti? Non ha forse la stessa funzione della cornice in un quadro? Per costruire un occhiale la montatura è sicuramente una componente importante. Essa infatti “dovrebbe” avere caratteristiche tecniche ben precise per contribuire a sorreggere nel migliore dei modi le lenti che ospiterà (non sempre è così). Dovrà anche essere gradevole per rendere esteticamente piacevole l’occhiale, senza però mai dimenticare che di cornice si tratta.
Poi in un quadro c’è la tela, o una tavola come nel caso della Gioconda. Questi materiali dovranno essere di ottima qualità, con tutte le caratteristiche idonee per il tipo di opera che s’intende realizzare. Per produrre un quadro servono anche i colori che nella loro distribuzione definiranno le immagini. Dovranno essere scelti con maestria per resistere nel tempo e rimandare la luce e le emozioni che il pittore desidera trasmettere. Credo che nell’occhiale, per la metafora che vi propongo, tela e colori potrebbero corrispondere alle lenti oftalmiche. Per realizzare un quadro bisogna avere a disposizione anche una tavolozza per miscelare i colori, dei pennelli e delle spatole per distribuirli sulla tela, ecc.
In un occhiale questi materiali potremmo paragonarli agli strumenti che gli ottici optometristi utilizzano per eseguire l’analisi visiva, assemblare le lenti, sistemare un occhiale sul volto.
Scusate, ma il quadro chi lo progetta? Chi lo studia? Chi lo dipinge? E chi è il Leonardo da Vinci della situazione? Chi crea Monna Lisa? Il pittore di un occhiale è sicuramente l’ottico optometrista. Egli, grazie alla sua formazione, alle sue abilità manuali, al suo aggiornamento professionale continuo, sa utilizzare con maestria tutti gli elementi che gli vengono messi a disposizione dalla scienza e dall’industria, per realizzare il quadro migliore. È proprio l’ottico optometrista che sceglie la tecnica di pittura (acquarello, tempera, olio o altro) e i materiali da utilizzare. “Dovrebbe” essere sempre l’ottico optometrista a dare l’ultimo parere tecnico su come incorniciarlo, naturalmente tenendo conto del gusto dell’acquirente, delle mode ecc.
Se la cornice non piace si può anche cambiarla, perché è sì un elemento importante, ma sempre secondario e facilmente sostituibile. Dopo il furto della Gioconda, del 1911, la cornice fu infatti sostituita, ma “Monna Lisa” rimase sempre “Monna Lisa”. Da questa riflessione emerge che gli occhiali li fanno gli ottici optometristi e conseguentemente sono loro i pittori. Mentre le aziende che fabbricano montature forniscono al pittore una componente importante ma secondaria. Credo che questa riflessione sia applicabile anche alla vostra bellissima professione e ai materiali che utilizzate per realizzare i vostri progetti.
Il grandissimo Giorgio Gaber cantava una bellissima canzone scritta con l’amico pittore Luporini: “… Perdo i pezzi ma non è per colpa mia. Se una cosa non la usi non funziona. Ma che vuoto se un ginocchio ti va via, che tristezza se un’ascella ti abbandona”. Il nostro corpo, utilizzato in modo improprio, ci manda dei segnali, dobbiamo imparare ad ascoltarlo. Progettare con il pensiero rivolto al sociale, progettare per il benessere delle persone, progettare cose belle come ringraziamento alla vista, creare cose utili che facciano star bene gli occhi, regalerete sguardi felici. Grazie!
Autore
Renzo Zannardi
Data
Novembre 2015
Optometria e Ottica
Specialisti in Visione e Postura.